Domande sul Natale
Comprendere meglio la realtà della Festa
Autore: Autori Cristiani
Il tempo di Natale può far sorgere alcune domande: dove e come è nato Gesù? Perché lo celebriamo il 25 dicembre? Ecco un articolo per aiutare a comprendere meglio la realtà del Natale.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.
Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Vangelo di Luca 2, 1-20
Ecco alcune domande che possono aiutare a comprendere meglio la realtà del Natale.
Che cosa sappiamo realmente di Gesù?
Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?
I dati storici in nostro possesso su Gesù di Nazaret, rispetto ad altri personaggi suoi contemporanei, sono superiori e di migliore qualità. Oltre alle notizie sulla sua esistenza e sulla sua attività che conosciamo da fonti storiche non cristiane, disponiamo di tutto ciò che i testimoni della sua vita e della sua morte ci hanno comunicato. Sono tradizioni – tra le quali spiccano i quattro vangeli – orali e scritte sulla sua persona, trasmesse alla comunità di fede viva che egli stabilì e che permane ancora oggi. Tale comunità è la Chiesa.
I dati che si trovano nei vangeli apocrifi e in altri scritti extrabiblici non aggiungono nulla di sostanziale a ciò che ci offrono i vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni: ma lo confermano.
Fino al periodo dell’Illuminismo, credenti e non credenti erano convinti che tutto ciò che potevamo sapere su Gesù era contenuto nei quattro Vangeli. Ma, dal momento che si tratta di testi scritti da chi professava la fede in Cristo, alcuni storici del XIX secolo hanno messo in dubbio l’oggettività di quelle informazioni. Per quegli studiosi i racconti evangelici erano poco credibili in quanto non contenevano ciò che Gesù disse e fece, ma ciò che credevano i suoi seguaci alcuni anni dopo la sua morte. Di conseguenza, nei decenni successivi a tali studi e fino a metà del secolo XX, si è dubitato della veridicità dei vangeli e si è arrivati ad affermare che di Gesù “non possiamo sapere quasi nulla” .
Oggi, con il progresso della scienza storica e dell’archeologia e con la nostra migliore e più profonda conoscenza delle fonti antiche, si può affermare, con le parole di un noto specialista del mondo giudaico del I secolo dopo Cristo, che non può certo essere accusato di conservatorismo: “possiamo sapere molto di Gesù”. Questo stesso autore offre, a mo’ di esempio, un elenco di affermazioni che sono fuori discussione dal punto di vista storico (precisando che un elenco completo di ciò che si sa su Gesù sarebbe molto più lungo).
1) Gesù nacque intorno all’anno 4 a.C., poco prima della morte di Erode il Grande.
2) Trascorse la sua infanzia e i primi anni dell’età adulta a Nazaret, in Galilea.
3) Fu battezzato da Giovanni Battista.
4) Scelse quelli che sarebbero stati i suoi discepoli.
5) Predicò nei villaggi e nelle campagne della Galilea.
6) Annunziò il “Regno di Dio”.
7) Intorno all’anno 30 si recò a Gerusalemme in occasione della Pasqua.
8) Provocò un certo scompiglio nella zona del tempio.
9) Celebrò un’ultima cena con i suoi discepoli.
10) Fu catturato e interrogato dalle autorità giudaiche, in particolare dal Sommo Sacerdote.
11) Fu giustiziato per ordine del prefetto romano, Ponzio Pilato.
Sanders aggiunge inoltre una breve lista di fatti altrettanto sicuri, come conseguenza della vita di Gesù:
1) All’inizio i suoi discepoli fuggirono.
2) Lo videro (gli storici discutono in che senso) dopo la sua morte.
3) In conseguenza di ciò, credettero che sarebbe tornato per instaurare il suo Regno.
4) Costituirono una comunità nell’attesa del suo ritorno e cercarono i convincere altri che Gesù era il Messia di Dio.
Dunque, lo sviluppo della ricerca storica permette di stabilire come certi almeno questi fatti, il che non è poco per un personaggio vissuto venti secoli fa. Non vi sono evidenze di tipo razionale che attestino con maggiore sicurezza l’esistenza di personaggi noti, come per es. Socrate o Pericle, rispetto a quelle che ci offrono le prove dell’esistenza di Gesù. Inoltre i dati oggettivi criticamente verificabili relativi a questi personaggi storici in genere sono sempre molto minori. Partendo da questa base minima su cui gli storici sono d’accordo, si possono considerare degni di fede anche altri dati contenuti nei Vangeli. L’applicazione dei criteri di storicità permette di stabilire il grado di coerenza e probabilità delle affermazioni evangeliche e che ciò che è contenuto in questi racconti è sostanzialmente sicuro.
Questi dati suggeriscono di pensare che era lui il Messia che doveva venire per reggere il suo popolo come un nuovo Davide e forse ancora di più: che Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo. Per accogliere questo suggerimento abbiamo bisogno di un aiuto divino, gratuito, che fornisce una luce nuova alla nostra intelligenza e la rende capace di cogliere in tutta la sua profondità la realtà in cui vive. Si tratta di una luce che non altera la realtà, ma permette di percepirla in tutte le sue sfumature effettive, molte delle quali sfuggono allo sguardo comune. È la luce della fede.
Dove e come nacque Gesù?
Maria concepì Gesù senza l’intervento di un uomo. Così viene affermato con chiarezza nei primi due capitoli dei vangeli di San Matteo e di san Luca: “ciò che è concepito in lei, viene da Spirito Santo” dice l’angelo a san Giuseppe (Mt 1,20); e a Maria che domanda “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” l’angelo risponde: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra…” (Lc 1, 34-35). D’altra parte, il fatto che Gesù dalla Croce affidi sua madre a san Giovanni fa supporre che la Vergine non avesse altri figli. (Sul fatto che nei vangeli vengano nominati dei “fratelli di Gesù”, vedi la domanda n. 10 “Gesù ebbe fratelli?”).
Il carattere soprannaturale della nascita di Gesù è stato tramandato fin dall’inizio, in modo unanime e la Chiesa lo ha sempre difeso.
Sant’Ignazio di Antiochia, nella Lettera agli Efesini, 19, 1, composta intorno all’anno 100, conferma questo punto scrivendo che “Al principe di questo mondo rimasero nascosti la verginità di Maria, il suo parto e la morte del Signore, i tre misteri clamorosi che si compirono nel silenzio di Dio”.
Alla fine del II secolo, Sant’Ireneo scrive che il parto fu senza dolore (Demonstratio Evangelica, 54) e Clemente Alessandrino afferma che la nascita di Gesù fu verginale (Stromata 7,16). In un testo del IV secolo attribuito a San Gregorio Taumaturgo si dice chiaramente: “Nascendo (Cristo) conservò immacolati il seno e la verginità, perché l’inaudita natura di questo parto fosse per noi il segno di un grande mistero”.
I vangeli apocrifi più antichi come le Odi di Salomone (Ode 19), l’Ascensione di Isaia (cap.14), il Protovangelo di Giacomo (cap. 20-21) e lo Pseudo-Matteo (cap. 13) riferiscono che la nascita di Gesù ebbe un carattere miracoloso. Malgrado il loro tono alle volte esagerato e stravagante, questi testi apocrifi conservano tradizioni popolari che coincidono con le testimonianze più dotte e ortodosse sopra segnalate.
Tutti questi scritti riflettono una tradizione di fede che è stata sancita dall’insegnamento della Chiesa e che afferma che Maria fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto: “Maria «sempre Vergine». L’approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a professare la verginità reale e perpetua di Maria anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo. Infatti la nascita di Cristo «non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l’ha consacrata». La Liturgia della Chiesa celebra Maria come la «Aeiparthenos», «sempre Vergine»”.
Gesù è nato a Betlemme o a Nazaret?
San Matteo dice che Gesù nacque a “Betlemme di Giuda al tempo del Re Erode” (cfr. Mt 2, 1; 2,5.6.8.16) e così san Luca (Lc 2,4.15). Nel quarto vangelo c’è un riferimento indiretto, nel contesto di una discussione a proposito dell’identità di Gesù: “All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?» (Gv 7, 40-42).
Impiegando l’ironia, procedimento adoperato anche in altre occasioni (cfr. Gv 3,12; 4,12; 6,42; 9, 40-41) il quarto evangelista prova che Gesù è il Messia e che nacque a Betlemme, proprio utilizzando le affermazioni dei suoi oppositori.
Per più di 1900 anni, questo fu un dato di conoscenza mai messo in discussione. Invece qualche studioso, nel XIX secolo, sottolineando che in tutto il Nuovo Testamento Gesù è conosciuto come il “Nazareno” (colui che è o proviene da Nazaret), attribuivano ad un’invenzione di Matteo e Luca il riferimento a Betlemme, con l’intenzione di rivestirne la figura di una delle caratteristiche del futuro Messia: essere discendente di Davide e nascere a Betlemme. Tale argomentazione in sé non prova nulla: nel primo secolo si dicevano tante cose sul futuro Messia, che non si ritrovano in Gesù, e non sembra che nascere a Betlemme fosse considerata una prova decisiva. Piuttosto vale il ragionamento inverso: gli evangelisti che sapevano che Gesù era cresciuto a Nazaret, e che era nato a Betlemme, scoprono nei testi dell’Antico Testamento che queste erano circostanze attribuite al Messia che sarebbe venuto.
Tutte le testimonianze della tradizione confermano i dati evangelici. Giustino, nato in Palestina intorno all’anno 100 d.C., afferma che Gesù nacque in una grotta vicino a Betlemme (Dialogo con Trifone 78), Origene lo conferma (Contro Celso 1, 51). I vangeli apocrifi riferiscono lo stesso dato (Protovangelo di Giacomo 20; Vangelo arabo dell’infanzia 2 ; Pseudo-Matteo 13).
Si può quindi affermare, secondo il parere comune degli studiosi, che al momento attuale non esistono motivi significativi per una posizione diversa da ciò che dicono i Vangeli e che ci è stato tramandato: Gesù nacque a Betlemme di Giuda al tempo del re Erode.
Quanto al luogo determinato in cui Gesù nacque a Betlemme, Luca riferisce che Maria, dopo aver dato alla luce suo figlio, “lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”(Lc 2,7). La “mangiatoia” è segno che nel luogo dove nacque Gesù si custodiva del bestiame. Luca aggiunge che il bambino nella mangiatoia sarà il segnale dato ai pastori per riconoscere che in quel luogo è nato il Salvatore (Lc 2,12.16). La parola greca che l’evangelista impiega è katàlyma: l’abitazione spaziosa delle case, che poteva servire da salone o camera di ospiti. Nel Nuovo Testamento questo termine si utilizza altre due volte (Lc 22,11 e Mc 14,14) per indicare la sala dove Gesù celebrò l’ultima cena con i suoi discepoli. Probabilmente, l’evangelista voleva evidenziare con le sue parole che il luogo non permetteva di preservare l’intimità dell’avvenimento.
Perchè la nascita di Gesù si celebra il 25 dicembre?
Non sembra che i primi cristiani celebrassero il compleanno. Festeggiavano invece il dies natalis, il giorno dell’entrata nella patria definitiva per coloro che erano morti, come partecipazione alla salvezza operata da Gesù che aveva sconfitto la morte con la sua passione gloriosa. Ricordavano con precisione il giorno della glorificazione di Gesù, il 14/15 del mese di Nisan (settimo mese dell’anno ebraico, mese della primavera corrispondente a marzo-aprile, in cui si celebrava la Pasqua), ma non la data della sua nascita, di cui niente ci tramandano i racconti evangelici.
“L’anno liturgico della Chiesa innanzitutto non si è sviluppato guardando alla nascita di Cristo, ma a partire dalla fede nella sua resurrezione. Per questo la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma la Pasqua. In effetti solo la resurrezione del Signore ha fondato la fede cristiana ed ha così dato origine alla Chiesa”.
Fino al III secolo non abbiamo notizia sulla data della nascita di Gesù: “Il primo ad affermare con certezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma nel suo commento a Daniele, scritto verso il 204”. Il primo riferimento diretto ed esplicito alla festa si trova nel calendario liturgico filocaliano dell’anno 354: «VIII kal. Ian. natus Christus in Betleem Iudeae» («il 25 dicembre nacque Cristo a Betlemme di Giudea»). Dal secolo IV il consenso su questo giorno come data della nascita di Cristo si generalizza nella tradizione occidentale. Invece in oriente prevale la data del 6 gennaio.
Ma perché il 25 dicembre? Una spiegazione piuttosto diffusa è che dall’anno 274 d.C., il 25 di quel mese a Roma si celebrava il dies natalis Solis invicti, la vittoria della luce sulla notte più lunga dell’anno. Tale ipotesi si appoggia sulla liturgia del Natale, in cui vengono effettuati accostamenti tra la nascita di Gesù Cristo ed espressioni bibliche come “sole di giustizia” (Mc 3, 20) e “luce del mondo” (Gv 1, 4ss). Tuttavia, non ci sono prove che le cose stiano proprio così, e d’altra parte è difficile immaginare che i cristiani di quell’epoca volessero adattare feste pagane al calendario liturgico, specialmente dopo aver sperimentato una persecuzione. È però possibile che con il tempo la festa cristiana sia andata sostituendo quella pagana.
Ma ci sono altre spiegazioni più fondate. La prima collega la nascita del Battista con quella di Gesù: Luca riferisce che Zaccaria, padre di Giovanni Battista, era sacerdote della classe di Abìa. Egli stava esercitando le sue funzioni nel tempio quando l’angelo Gabriele gli annunciò la nascita del figlio (Luca, 1, 5-13).
Secondo il calendario qumranico solare, i turni della famiglia di Abìa per il servizio nel tempio capitavano due volte all’anno: dall’8 al 14 del 3° mese e dal 24 al 30 dell’8° mese. La tradizione orientale che fa risalire la nascita di Giovanni il 24 giugno, colloca la data del servizio al tempio di Zaccaria nel secondo turno: 24-30 dell’8° mese. A sua volta Luca data l’annunciazione dell’angelo a Maria nel 6° mese successivo al concepimento di Giovanni (Luca, 1, 26). Le liturgie orientali ed occidentali concordano nel fissare questa data al 31 del mese di Adar, corrispondente al nostro 25 marzo. Infatti in questa data la Chiesa celebra anche oggi l’annuncio dell’angelo ed il concepimento di Gesù. Di conseguenza la data della nascita doveva essere posta 9 mesi dopo, appunto il 25 dicembre. Dal racconto di san Luca, in cui le due nascite sono legate tra di loro, si dedurrebbe che egli «presuppone già nel suo Vangelo la data del 25 dicembre come giorno della nascita di Gesù. Allora in quel giorno si celebrava la festa della dedicazione del tempio, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 a.C. e la data della nascita di Gesù simboleggerebbe così contemporaneamente che con lui, apparso come luce di Dio nella notte invernale, si realizzava veramente la consacrazione del tempio, l’avvento di Dio su questa terra».
Un’altra spiegazione lega la data dell’incarnazione, nove mesi prima della nascita, con la data della sua morte: «nostro Signore fu concepito l’8 delle calende di aprile [25 marzo] che è il giorno della passione del Signore» . Nell’oriente cristiano, appoggiandosi su altri calendari, la passione e l’incarnazione si celebravano il 6 aprile, data che concorda con la loro celebrazione del Natale il 6 gennaio.
La mentalità classica e medievale, che ammirava la perfezione dell’universo come un tutto, vedeva nel legame temporale tra la passione e l’incarnazione, l’unitarietà degli interventi divini. Concetto che trae le proprie radici dal pensiero giudaico dove creazione e salvezza avevano un nesso con il mese di Nisan. Nei secoli l’arte cristiana ha espresso queste medesime idee nel rappresentare l’Annunciazione con il bambino Gesù che discende dal cielo con una croce. È quindi possibile che i cristiani abbiano collegato la redenzione operata da Cristo con il suo concepimento e così fu fissata anche la data della nascita. Sembra quindi di poter affermare: «Decisiva fu la relazione tra la creazione e la croce, tra la creazione e il concepimento di Cristo».
Che cos’era la stella d’oriente?
I due capitoli iniziali dei Vangeli di Matteo e Luca sono conosciuti come i “Vangeli dell’infanzia” perché ci fanno conoscere i fatti relativi alla nascita e all’infanzia di Gesù. Tramite san Matteo veniamo a sapere che alcuni “Magi” arrivarono a Gerusalemme e domandarono: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2, 2).
Questi racconti hanno uno stile leggermente diverso dal resto dei Vangeli. Sono pieni di riferimenti all’Antico Testamento e ogni fatto narrato è altamente simbolico. In questo senso la loro storicità non si può verificare nella stessa maniera che gli altri episodi narrati nei Vangeli. Inoltre vi sono differenze: in san Luca l’infanzia di Gesù rappresenta l’introduzione al suo Vangelo, mentre in san Matteo è come una sintesi dell’intero testo.
Nel brano sui Magi (Mt 2, 1-12) viene raccontato come alcuni gentili, cioè persone che non appartengono al popolo di Israele, scoprono la rivelazione di Dio grazie a propri studi e alle proprie conoscenze umane (le stelle). Tuttavia arrivano alla pienezza della verità mediante le Scritture Sacre di Israele.
Ai tempi della composizione dei Vangeli era credenza comune sia nella cultura pagana sia in quella giudaica, che la nascita di qualche personaggio importante o qualche avvenimento di grande rilievo fosse annunciato da prodigi celesti. Inoltre nell’Antico Testamento nel libro dei Numeri si cita l’oracolo di Balaam: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele…» (Nm, 24, 17). Questo passo viene interpretato come un annuncio del Messia Salvatore. Quindi per capire adeguatamente perché si cita la stella bisogna tener presente questi riferimenti: relazione tra prodigi celesti e avvenimenti importanti, e la profezia contenuta nel libro dei Numeri.
L’esegesi moderna si è chiesta quale fenomeno naturale fu interpretato dagli uomini di quel tempo come straordinario. Si sono fatte soprattutto tre ipotesi: 1) Keplero (secolo XVII) parlò di una supernova, cioè di una stella nuova molto lontana nella quale avviene un’esplosione, ragion per cui, per alcune settimane, è più luminosa ed è visibile dalla terra. 2) una cometa, dato che esse seguono un percorso regolare ellittico intorno al sole: nella parte più distante del loro percorso non sono visibili, ma quando sono più vicine si possono vedere. Anche questa ipotesi collima con quanto riportato da san Matteo, anche se le apparizioni delle comete che ci sono note e che si vedono dalla terra, non corrispondono con le date della nascita di Gesù. 3) Un’altra ipotesi è che i saggi persiani abbiano visto una congiunzione tra Giove e Saturno. Anche Keplero notò questo fenomeno periodico e se i nostri calcoli non sono errati è possibile che ne sia avvenuta una 6/7 anni prima della nostra era, cioè intorno alla data più probabile in cui nacque Gesù.
Che cosa significa la verginità di Maria?
Il concepimento verginale di Gesù va inteso come un’opera del potere di Dio –“per Lui niente è impossibile” (Lc 1,37)– che sfugge ad ogni comprensione umana.
Non ha nulla a che vedere con le rappresentazioni mitologiche pagane nelle quali un dio, in sembianze umane, si unisce con una donna. Nel concepimento verginale di Gesù, Dio agisce con un atto simile alla creazione.
Ciò è impossibile da accettare per il non credente, come lo fu per i giudei e i pagani, tra i quali fiorirono storie triviali sulla nascita di Gesù; una di questa l’attribuiva ad un soldato romano di nome Pantheras. Questo personaggio è una figura letteraria su cui si imbastisce una leggenda per prendersi gioco dei cristiani. Ma dal punto di vista storico e filologico il nome Pantheras (o Pandera) ha molto interesse, perché nella parodia del racconto è la corruzione della parola greca parthénos (in greco: vergine). Nelle regioni orientali dell’Impero Romano era corrente utilizzare il greco, e chi udiva parlare i Cristiani di Gesù come il “Figlio della Vergine” (huios tou parthénou), volendosi burlare di loro lo chiamava “il figlio di Pantheras”. Questa storiella testimonia che le prime comunità cristiane proclamavano la Verginità di Maria, anche se appariva come una cosa impossibile.
Il concepimento verginale è segno che Gesù è veramente Figlio di Dio – non ha un padre umano – ma allo stesso tempo che è vero uomo nato da donna (Gal 4,4). Con il concepimento verginale di Gesù, si ribadisce l’assoluta iniziativa di Dio nella storia umana per l’avvento della salvezza, e d’altra parte si evidenzia che questa si inserisce con naturalezza nella storia umana, come mostra la genealogia di Gesù riportata dei Vangeli.
Gesù, concepito da Spirito Santo e senza l’intervento di un uomo, è il nuovo Adamo che inaugura una nuova creazione, a cui appartiene l’uomo nuovo da lui redento (1 Co 15,47; Gv 3, 3-4).
Inoltre la Verginità di Maria manifesta la fede senza ombra di dubbio e la donazione piena della madre di Gesù alla volontà di Dio. Si è anche detto che per questa sua fede Maria concepì Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo e che “è più benedetta ricevendo Cristo mediante la fede che nel concepire nel suo grembo la carne di Cristo”. Maria, vergine e madre, è simbolo della Chiesa e ne è la più perfetta realizzazione.
San Giuseppe si sposò per la seconda volta?
Secondo Matteo, quando la Madonna concepì verginalmente Gesù era sposata con Giuseppe, anche se non vivevano ancora insieme (Mt 1, 18). Prima dello sposalizio vero e proprio, tra gli ebrei si prevedeva un periodo di fidanzamento, ma con un impegno tanto forte e vincolante che i due promessi potevano essere già chiamati sposo e sposa e che il vincolo poteva essere sciolto solo mediante il ripudio. Dal testo dello stesso Matteo deduciamo la notizia che, dopo che l’angelo ebbe rivelato a Giuseppe che Maria aveva concepito per opera dello Spirito Santo (Mt 1, 20), i due si sposarono e andarono ad abitare insieme. I fatti successivi lo confermano: la fuga e il ritorno dall’Egitto e la sistemazione definitiva a Nazaret (Mt 2, 13-23), cosi come l’episodio del pellegrinaggio a Gerusalemme con Gesù adolescente che parla ai dottori nel tempio (Lc 2, 41-45). Inoltre san Luca, quando narra l’episodio dell’Annunciazione, presenta Maria come “una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe”. Quindi, secondo Matteo e Luca, Giuseppe era lo sposo di Maria. Questa è la tradizione raccolta dai Vangeli e accettata unanimemente dalla Chiesa nei secoli.
Detto questo, le supposizioni che Giuseppe fosse alle sue seconde nozze o che, in qualità di vedovo e molto anziano non abbia veramente sposato Maria, ma che si si sia preso cura di lei come di una vergine “in custodia”, non sembrano avere alcun fondamento storico e nascono per spiegare che “i fratelli” di Gesù di cui si parla nei Vangeli sarebbero figli di un precedente matrimonio di Giuseppe.
I primi accenni a queste ipotesi si trovano nel cosiddetto “Protovangelo di Giacomo” del secondo secolo. Si racconta che Maria rimase nel tempio dai tre ai dodici anni, quando i sacerdoti scelsero per lei un custode. Riunirono tutti i vedovi del paese e dopo che in modo straordinario era volata fuori una colomba dal bastone di Giuseppe, gli affidarono la Madonna. Secondo questa leggenda quando l’angelo appare in sogno a Giuseppe non gli dice « non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1, 20), ma «Non temere per questa fanciulla. Quello, infatti, che è in lei proviene dallo Spirito Santo». Da questo apocrifo probabilmente dipende sant’Epifanio che sostiene che san Giuseppe aveva ottant’anni e sei figli (che avrebbero avuto tra i 40 e i 60 anni quando Gesù nacque e tra i 70 i 90 quando iniziò la sua predicazione e quindi è poco verosimile che fossero i suoi compagni di predicazione).
In altri apocrifi successivi, come lo Pseudo–Matteo, Il libro della Natività di Maria, La storia di Giuseppe il falegname, si sostiene che si sposarono, ma in genere Giuseppe è presentato come il custode di Maria. Nella pietà popolare e nell’iconografia, ha prevalso l’idea che Giuseppe fosse anziano quando sposò la Madonna.
In sintesi si può affermare che non ci sono dati storici che permettono di affermare che san Giuseppe fosse già stato sposato, che fosse rimasto vedovo e che fosse anziano.
Dai dati evangelici è invece plausibile pensare che fosse un uomo giovane e che si sia sposato solo una volta.
Che cosa è stata la strage degli innocenti? È un fatto storico?
La strage degli innocenti appartiene, come l’episodio della stella e dei Magi, al vangelo dell’infanzia di san Matteo. I Magi hanno fatto domande sul re dei Giudei (Mt 2,1) ed Erode –che si considera il legittimo re dei Giudei – ricorre all’inganno per sapere chi sia quel potenziale usurpatore, e raccomanda che lo informino al loro ritorno. Quando si accorge che sono andati via per un’altra strada, «si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.» (Mt 2, 16).
Il passo evoca un altro episodio, dell’Antico Testamento: anche il Faraone aveva ordinato di uccidere tutti i neonati degli ebrei, ma Mosè, che poi avrebbe liberato il suo popolo, si salvò (cfr. Es 1, 8-2, 10). Per Matteo, con il martirio di questi bambini si compiva un oracolo di Geremia (Ger 31, 15). Il popolo di Israele fu esiliato in Babilonia, ma da lì lo liberò il Signore che, con un nuovo esodo, lo riportò nella sua terra promettendogli una nuova alleanza (Ger 31, 31). Pertanto il senso del brano di Matteo è chiaro: per quanto si impegnino, i potenti della terra nulla possono contro i progetti salvifici di Dio.
In questo contesto si deve esaminare la storicità di questo episodio, che conosciamo solo tramite il racconto di Matteo. Nella logica della ricerca storica vale la regola “testis unus testis nullus”, un solo testimone non basta. Tuttavia è facile pensare che la strage di bambini di Betlemme, una piccola località, non sia stata tale da essere trascritta negli annali. Ciò che è sicuro è che la malvagità e la mancanza di scrupoli di Erode è attestata anche da Flavio Giuseppe: fece affogare il cognato Aristobulo quando questi raggiunse grande popolarità; assassinò il suocero Arcano II, un altro cognato, Costobar e la moglie Mariamne; negli ultimi anni di vita fece assassinare anche i propri figli Alessandro e Aristobulo e cinque giorni prima della sua morte un altro figlio, Antipatro; infine ordinò che prima della sua morte fossero giustiziati alcuni notabili del regno, in modo che la popolazione della Giudea, spontaneamente o meno, piangesse per la morte di Erode.