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"E poi .... entrò"

Orientamenti alla lettura dell'icona biblica sinodale di At 10

Autore: Don Francesco Argese

 

 

 

 

Invocazione dello Spirito

Preghiamo lo Spirito Santo,

perché rimuova dai nostri occhi ogni nebbia e ogni oscurità

che per il peso dei peccati

oscura la visione al nostro cuore.

Potremmo allora ricevere

un’intelligenza spirituale e meravigliosa della sua Legge,

secondo quanto sta scritto:

«Togli il velo ai miei occhi

e contemplerò le meraviglie della tua Legge».

(Origene)

 

 

Il testo (CEI 2008)

1 Vi era a Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta Italica. 2 Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. 3 Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: “Cornelio!”. 4 Egli lo guardò e preso da timore disse: “Che c’è, Signore?”. Gli rispose: “Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. 5 Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro. 6 Egli è ospite presso un tale Simone, conciatore di pelli, che abita vicino al mare”. 7 Quando l’angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un soldato, uomo religioso, che era ai suoi ordini; 8 spiegò loro ogni cosa e li mandò a Giaffa.

9 Il giorno dopo, mentre quelli erano in cammino e si avvicinavano alla città, Pietro, verso mezzogiorno, salì sulla terrazza a pregare. 10 Gli venne fame e voleva prendere cibo. Mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi: 11 vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. 12 In essa c’era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. 13 Allora risuonò una voce che gli diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. 14 Ma Pietro rispose: “Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro”. 15 E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. 16 Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato nel cielo.

17 Mentre Pietro si domandava perplesso, tra sé e sé, che cosa significasse ciò che aveva visto, ecco gli uomini inviati da Cornelio: dopo aver domandato della casa di Simone, si presentarono all’ingresso, 18 chiamarono e chiesero se Simone, detto Pietro, fosse ospite lì. 19 Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: “Ecco, tre uomini ti cercano; 20 alzati, scendi e va’ con loro senza esitare, perché sono io che li ho mandati”. 21 Pietro scese incontro a quegli uomini e disse: “Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?”. 22 Risposero: “Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutta la nazione dei Giudei, ha ricevuto da un angelo santo l’ordine di farti venire in casa sua per ascoltare ciò che hai da dirgli”. 23 Pietro allora li fece entrare e li ospitò. Il giorno seguente partì con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. 24 Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. 25 Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. 26 Ma Pietro lo rialzò, dicendo: “Àlzati: anche io sono un uomo!”. 27 Poi, continuando a conversare con lui, entrò, trovò riunite molte persone 28 e disse loro: “Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo. 29 Per questo, quando mi avete mandato a chiamare, sono venuto senza esitare. Vi chiedo dunque per quale ragione mi avete mandato a chiamare”. 30 Cornelio allora rispose: “Quattro giorni or sono, verso quest’ora, stavo facendo la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste 31 e mi disse: “Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita e Dio si è ricordato delle tue elemosine. 32 Manda dunque qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli è ospite nella casa di Simone, il conciatore di pelli, vicino al mare”. 33 Subito ho mandato a chiamarti e tu hai fatto una cosa buona a venire. Ora dunque tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato”.

34 Pietro allora prese la parola e disse: “In verità, sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, 35 ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. 36 Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. 37 Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; 38 cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. 39 E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, 40 ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, 41 non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. 42 E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. 43 A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”.

44 Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. 45 E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; 46 li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: 47 “Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?”. 48 E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

 

 

Il contesto di At 10

Il capitolo 10 di Atti è un grande affresco. Siamo nella prima parte del libro, dove centrale è la figura e la missione di Pietro (insieme a Giovanni), prima che questi – a partire dal capitolo 12 – ceda il passo a Paolo. Sin dal capitolo 2 è a Pietro che fa capo tanto l’elaborazione teologica del cristianesimo primitivo con i suoi discorsi quanto l’opera fattuale della prima evangelizzazione – gli altri apostoli e discepoli figurano sempre accanto a Pietro e in comunione con Pietro. La prima evangelizzazione avviene a Gerusalemme ed è rivolta a Israele, il destinatario della promessa antica. Emblematico di tutta la missione di Pietro è il primissimo gesto che egli compie al capitolo 3: egli varca una soglia, apre una porta, entra nello spazio sacro del Tempio – il luogo per antonomasia che definisce l’identità e l’elezione del popolo dell’alleanza – per farvi entrare «nel nome di Gesù» uno storpio costretto da sempre a rimanere fuori dalla porta. Perché è Pietro colui al quale Gesù ha consegnato le chiavi (cfr. Mt 16,19). E questo atto di «apertura della porta» da parte di Pietro si ripropone costantemente nel libro degli Atti.

Il nostro capitolo 10 si situa all’interno di un’ampia sezione narrativa che da 9,32 giunge a 11,18. Questi tre capitoli segnano una svolta fondamentale nel cammino missionario della Chiesa primitiva: è il momento in cui la diffusione del vangelo per la prima volta varca le mura di Gerusalemme e la distanza dalla Città Santa cresce sempre di più. Questa dinamica di allontanamento – fisico, culturale e religioso – da Gerusalemme è in modo esemplare illustrato da tre episodi in sequenza che ritraggono una progressione nell’opera evangelizzatrice di Pietro.

Il primo episodio, brevissimo (9,32-35), è ambientato a Lidda: qui Pietro opera la guarigione di un uomo di nome Enea che da otto anni giace paralitico su un lettuccio.

Il secondo episodio (9,36-43) ha luogo a Giaffa: qui Pietro prega al capezzale dell’oramai morta Tabità, una discepola vedova e dedita a opere pie, e la richiama in vita. Dopo ciò, Pietro rimane a Giaffa presso un certo Simone, che faceva il conciatore di pelli: è un dettaglio interessante per la lettura del terzo episodio, perché quello del conciatore era un tipo di mestiere che comportava uno stato di impurità legale; nonostante ciò, Pietro accetta egualmente l’ospitalità di quella casa.

Infine, il terzo episodio, il nostro. È il più lungo di tutto il libro degli Atti (10,1-11,18). A Cesarea marittima per la prima volta Pietro apre le porte di una casa pagana; ma, cosa ancor più sconvolgente, Pietro viene evangelizzato da un pagano.

 

  1. 1-8: la visione di Cornelio: chiamata e invio in missione

Questo terzo episodio si sviluppa su quattro giorni. Il primo concerne la narrazione della visione di Cornelio. Il nome lascia intendere che si tratta di un romano, un «centurione della coorte Italica» della decima legione, di stanza a Cesarea marittima, la città sul Mediterraneo fatta erigere da Erode il Grande tra il 25 e il 13 a.C. e dedicata all’imperatore Cesare Ottaviano Augusto, che all’epoca era sede dei procuratori imperiali della Giudea. Cornelio è definito un «religioso e timorato di Dio» (v. 2) e successivamente come «giusto e timorato di Dio» (v. 22): l’espressione «timorato di Dio» può indicare sia un pagano che aveva accettato il monoteismo giudaico e in parte la morale giudaica senza però farsi circoncidere, sia una qualità religiosa propria di chi teme reverenzialmente Dio. E, infatti, egli è dedito alla preghiera costante (relazione con Dio) e all’elemosina (relazione con il prossimo), tanto da rendersi «stimato da tutta la nazione dei Giudei» (v. 22).

Nonostante egli sia un pagano, le sue preghiere e le sue opere salgono al cospetto dell’Onnipotente. La visione che Cornelio riceve ha linguaggio e tono tipicamente profetici. Come nei racconti di vocazione profetica dell’Antico Testamento, l’angelo di Dio «gli va incontro», lo «chiama per nome» e lo esorta a «mandare» dei suoi servi a Giaffa per «chiamare» Pietro. Sono i verbi della vocazione e dell’invio in missione. E, contrariamente alle obiezioni che il profeta era solito porre alla chiamata ricevuta, Cornelio adempie prontamente a quanto gli viene ordinato.

 

  1. 10-43: la visione di Pietro: conversione

Il giorno successivo, la visione estatica di Pietro – che sembra richiamare quella di Ez 1 – è molto meno comprensibile a motivo di ciò che la voce che ode lo esorta a fare: «uccidere e mangiare» (v. 13) gli animali che vede in visione, alcuni dei quali impuri secondo la legislazione di Lv 11 e Dt 14,3-21. Pietro riconosce che è il Signore a parlargli, ma – a differenza di Cornelio – gli oppone un rifiuto netto: «Non sia mai, Signore!» (v. 14), perché quell’ordine abroga precetti della Torah irrinunciabili per la sua identità religiosa. La «perplessità» (vv. 17.19) di Pietro dice tutta la contraddizione di quello che egli sta vivendo: come può proprio Dio chiedergli di rinnegare un aspetto costitutivo – le leggi sul puro e sull’impuro – della sua identità di credente? In Israele l’elezione che il popolo aveva ricevuto al Sinai dopo l’uscita dall’Egitto era vissuta come differenza rispetto a tutti gli altri popoli; e, dunque, tutta la legislazione della Torah – data da Dio stesso per mezzo di Mosè – era finalizzata a tracciare una separazione rispetto agli altri popoli e la conseguente loro esclusione dall’alleanza.

L’incomprensione di Pietro e la sua conseguente reticenza vengono progressivamente scalfite. Dapprima dall’intervento dello Spirito, che indica a Pietro che coloro che sono venuti a cercarlo sono suoi «inviati» (v. 20). Pietro ospita i servi di Cornelio nella casa dove è ospite anche lui: non è casa sua, ma è una casa capace di offrire ospitalità a molti.

L’indomani Pietro «partì con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono» (v. 23). Si tratta di sei uomini che con Pietro si mettono in cammino verso Cesarea: il mettersi in cammino è immagine di una Chiesa che si muove.

Il giorno dopo ancora – il quarto nella nostra cronologia – Pietro arriva a Cesarea: qui «Cornelio stava ad aspettarli» (v. 24). Cornelio va incontro a Pietro, perché sa bene che egli è un giudeo osservante che, in forza delle norme sul puro e sull’impuro, non potrà mai entrare in casa di un pagano: tutto si sarebbe svolto al massimo sulla soglia di casa per un rapido saluto. L’adorazione che Cornelio riserva a Pietro – «si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio» (v. 25) – è un gesto di riverenza verso il messaggero inviatogli da Dio: di fronte ai prodigi e a un essere superiore ritenuto celeste, il mondo pagano reagisce con un atteggiamento di adorazione.

La reazione di Pietro – «Àlzati: anche io sono un uomo!» (v. 26) – dice come l’annuncio del vangelo deve sempre fugare una tentazione: quella di (anche solo) suscitare un equivoco sulla persona che annuncia, chiarendo che non di un essere celeste e superiore si tratta, ma di un uomo o una donna come chiunque altro. Coerente con tale chiarimento, Pietro «continuando a conversare» con Cornelio, «entrò e trovò riunite molte persone» (v. 27). È il gesto che evangelizza una intera casa pagana! Poi verranno le parole: discorsi, catechesi, omelie, panegirici. Ma è questo gesto che evangelizza. Pietro apre la porta della casa di Cornelio, perché comprende che è necessario entrare in quella casa per incontrare vita vissuta. E prende dimora proprio lì, siede a quella stessa mensa, perché anche quel luogo diviene strumento di vita e di comunione con Dio e con gli altri. È in quel gesto, che compie alla luce di una nuova consapevolezza, che Pietro comprende il significato della visione ricevuta: «ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano» (v. 15).

Per disposizione diretta di Dio vengono aboliti i confini tra puro e impuro: il cielo si apre e una tovaglia scende dal cielo e si posa sulla terra prima di risalire di nuovo al cielo. È l’immagine della redenzione operata una volta per tutte da Cristo sulla croce, sangue offerto per la salvezza di «molti» (cfr. Mt 26,28): Egli è disceso ed è risalito, ha attraversato e colmato la distanza che separa il cielo dalla terra. Ma questo significa anche che a essere aboliti sono le separazioni e i confini sulla terra. Pian piano Pietro si rende conto che questa purificazione operata da Dio per mezzo di Cristo, riguarda il riempimento delle distanze che separano le persone tra di loro. Nessun uomo è indegno agli occhi di Dio: nel nome di Gesù, che è morto e risorto, ogni creatura è purificata, ogni uomo è oramai chiamato a partecipare alla pienezza di vita aperta dalla Pasqua di Cristo. Le separazioni tra persona e persona, tra gruppo umano e gruppo umano, tra culture, lingue e linguaggi diversi, sono ora riempite dallo Spirito, nel nome di Gesù. In questo modo, la differenza istituita dall’elezione divina al Sinai non è più sinonimo di preferenza esclusiva, ma del respiro universale dell’unico disegno di redenzione. Tutto questo è racchiuso in quel gesto: Pietro che varca la soglia di una casa pagana.

Ma questo non è uno svolgimento logico al quale Pietro è naturalmente disposto. Quella di Pietro è una vera e propria conversione, un passaggio per lui doloroso ma immensamente fecondo di uscita dalle proprie categorie religiose e culturali. E questa conversione era già stata anticipata nella continuità che il narratore lucano stabilisce tra la preghiera di Cornelio (v. 3) e la preghiera di Pietro (v. 9): è nella preghiera che i due ricevono una visione; è nella preghiera che i due sono già in comunione, pur lontani e ignari l’uno dell’altro; è nella preghiera che i due sono coinvolti nello stesso disegno universale di redenzione.

 

  1. 34-43: discorso di Pietro nella casa di Cornelio

È solo alla luce di quel gesto che la parola svolge poi un ruolo esplicativo nell’incontro tra Pietro e Cornelio e gli abitanti di quella casa pagana. Dapprima Cornelio, poi Pietro – è uno dei suoi grandi discorsi in Attiraccontano l’esperienza che hanno vissuto: è la testimonianza dell’amore prossimo di Dio, che si fa incontro a ogni uomo per liberarlo da ciò che ne mortifica l’umanità.

«In verità, sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone» (vv. 34-35). L’inizio del discorso di Pietro non è solo una citazione dell’AT (cfr. Dt 10,17; Sap 6,7; Sir 35,5), ma stupore per ciò che Pietro sta vivendo: il privilegio di ricevere la parola di Dio non appartiene più esclusivamente al popolo ebraico. Allargato a tutti i popoli, l’amore di Dio non esige che due disposizioni negli uomini ai quali si rivolge: da una parte, il timore e il rispetto intimo di Dio, riconosciuto come unico e onorato nella propria coscienza; dall’altra, la pratica della giustizia, ossia l’onestà nei doveri naturali: Dio accoglie «chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga» (v. 35).

 

  1. 44-48: la «pentecoste dei pagani»

Pietro stava ancora parlando, quando «lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola» (v. 44). Ascoltare – non sentire! – la Parola è già accoglierla e credere in Gesù: per questo lo Spirito si effonde su quei pagani, senza passare più per l’osservanza delle norme della Torah. Di fronte allo stupore dei circoncisi presenti che avevano accompagnato Pietro, lo stesso Pietro sottolinea che «questi hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo» (v. 47). E questo da solo basta a farli pronti a ricevere il battesimo (v. 47).

L’effetto carismatico prodotto nei pagani dalla discesa dello Spirito Santo è simile a quello ricevuto dagli apostoli nella prima pentecoste (cfr. At 2): «li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio» (v. 46). In entrambi gli aspetti è da vedere l’unificazione della famiglia umana – ora nella sua interezza – nel dono delle lingue e della lode.

 

 

Spunti di meditazione

Dinanzi allo splendore dell’opera di Dio in azione, «chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?» (v. 47). Già: chi può impedire? Eppure subito dopo (At 12) il comportamento di Pietro e il fatto che «anche i pagani avevano accolto la parola di Dio» susciterà sconcerto in quelli di Gerusalemme. I fedeli circoncisi rimprovereranno a Pietro di aver infranto le norme della Torah, non-curanti dell’effusione dello Spirito: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!» (11,3). Allora Pietro racconterà ciò che gli è accaduto e le sue reazioni di sconcerto, incomprensione, resistenza; e questo aiuterà i suoi interlocutori, inizialmente aggressivi e refrattari, ad ascoltare e accogliere l’opera di Dio oltre i propri confini mentali, le proprie aspettative, le proprie pretese. In un processo di discernimento che è un ascolto dello Spirito.

Ma cosa in definitiva converte? «Entrare». Entrando quel giorno nella casa di Cornelio, Pietro anticipa e pone le fondamenta di quanto sarà poi chiaro nella missione di Paolo e di tutta la Chiesa. Di Pietro si parlerà ancora negli Atti, ma sempre più marginalmente: di fatto, con il capitolo 11 egli esaurisce il suo ministero, lo ha realizzato pienamente in quel gesto. Oramai, lui che ne detiene le chiavi, ha aperto la porta della Chiesa a ogni uomo.

E allora ci chiediamo:

Una «Chiesa in uscita», secondo le parole di papa Francesco, va verso dove? È solo in uscita dalle sagrestie e dalle aule liturgiche? È solo uno slogan “rivoluzionario”? O è una Chiesa che ha il coraggio di varcare soglie ed entrare nelle vite di noi uomini, negli spazi “non-sacri” che noi frequentiamo?

E possiamo realmente essere Chiesa in uscita senza aver prima fatto entrare Cristo?

Quali sono i pregiudizi e le precomprensioni che ci impediscono di vedere lo Spirito all’opera nei nostri tempi?

Perché continuiamo a pensare una Chiesa contrapposta a ciò che Chiesa non è? A vivere di contrapposizioni dentro-fuori, noi-loro, io-altri, con noi-contro noi, etc. che altro non sono che riproposizioni dell’originaria distinzione puro-impuro? E perché ci pensiamo sempre dalla parte dei puri?

Lo Spirito di Dio che oggi illumina e vivifica il nostro “camminare insieme” (sinodo) come Chiesa è lo stesso che ha operato in Pietro e gli ha permesso di entrare in casa di Cornelio. È Lui che riempie le distanze ed irrompe a rimuovere gli scrupoli circa la possibilità di instaurare relazioni inattese. Se ci crediamo, l’azione dello Spirito crea comunità, abbatte steccati, promuove l’incontro e la relazione, e così rende gli uomini profeti e capaci di partecipare alla vita eterna che ci è stata data in Cristo.

 

 

Preghiera conclusiva

Il fuoco sacro noi uomini

lo portiamo soltanto in un fragile vaso di argilla.

Ma tu, o Santo Spirito, quando abiti in un uomo,

abiti in qualcosa di infinitamente inferiore.

Tu, Spirito di santità, abiti in mezzo all’immondizia e alla contaminazione!

Tu, Spirito di sapienza, abiti in mezzo alla stoltezza!

Tu, Spirito di verità, abiti in mezzo all’inganno!

Rimani con noi,

Tu che non cerchi né cercheresti invano una dimora confortevole.

Tu che, creatore e rigeneratore, fai da te stesso la Tua dimora, rimani con noi!

Che almeno una volta possa dirsi

che Ti compiaci di questa dimora

che Tu stesso ti sei preparata

in questo mio contaminato, perverso e fallace cuore.

(Søren Kierkegaard)