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Festa di tutti i santi (1)

«Siete santi perchè IO sono santo» - Omelia

Autore: Santo Curato d'Ars

«Siate santi, perchè Io sono santo», ci dice il Signore.
Perchè, fratelli miei, Dio ci dà un simile comandamento?
E’ perchè noi siamo suoi figli e, se il Padre è santo, anche i figli lo devono essere. Solo i santi possono sperare la felicità di andare a gioire della Presenza di Dio, che è la stessa santità.
Infatti, essere cristiani e vivere nel peccato, è una contraddizione mostruosa.
Un cristiano deve essere un santo.
Ecco, fratelli miei, la verità che la Chiesa non cessa di ripetere e, per meglio imprimerla nei nostri cuori, essa ci rappresenta un Dio infinitamente santo, che santifica una moltitudine infinita di santi che sembrano dirci: «Ricordatevi, cristiani, che siete destinati a vedere Dio e a possederlo; ma non avrete questa felicità se non avrete riprodotto in voi, durante la vostra vita mortale, la sua immagine, le sue perfezioni, e particolarmente la sua santità, senza la quale nessuno potrà vederlo».

Ma, fratelli miei, se la santità di Dio sembra al di sopra delle nostre forze, consideriamo queste anime beate, questa moltitudine di creature di ogni età, di ogni sesso e di ogni condizione, che sono state assoggettate alle stesse nostre miserie, esposte agli stessi pericoli, soggette agli stessi peccati, attaccate dagli stessi nemici, circondate dagli stessi ostacoli.
Ciò che esse hanno potuto fare, lo possiamo fare anche noi; non abbiamo nessuna scusa per dispensarci dal lavorare alla nostra salvezza, e cioè a diventare santi.

Io non ho dunque nient’altro da dimostrarvi, se non l’obbligo inprescindibile che tutti noi abbiamo, di farci santi.
E per questo vi mostrerò:
1°- in che cosa consiste la santità;
2°- che possiamo conquistarla nella stessa maniera dei santi, avendo come loro le stesse difficoltà e gli stessi aiuti.

I mondani, per esimersi dal lavorare per conquistare la santità, cosa che, senza dubbio, li infastidirebbe troppo nella loro maniera di vivere, vogliono farvi credere che, per essere santi, occorra fare delle azioni eclatanti, applicarsi a delle pratiche di devozione straordinarie, abbracciare delle grandi austerità, fare molti digiuni, abbandonare il mondo per seppellirsi nei deserti, per trascorrervi giorno e notte in preghiera.
Senza dubbio tutto ciò è molto buono, è quella la strada che molti santi hanno percorso, ma non è quello che Dio domanda a tutti noi.
No, fratelli miei, non è questo che esige da noi la nostra santa religione; al contrario, essa ci dice: «Levate gli occhi al cielo, e vedete se tutti coloro che occupano i primi posti hanno fatto cose meravigliose. Dove sono i miracoli della santa Vergine, di san Giovanni Battista, di san Giuseppe?».
Ascoltate, fratelli miei: Gesù Cristo stesso dice che molti, nel giorno del Giudizio, grideranno: «Signore, Signore, non abbiamo profetizzato nel tuo Nome, non abbiamo scacciato i demoni e fatto miracoli?».
«Allontanatevi da me, operatori d’iniquità, risponderà loro il giusto giudice; cosa? voi avete comandato al mare, e non avete saputo comandare alle vostre passioni? Avete liberato i posseduti dal demonio, e voi ne siete divenuti schiavi? Avete fatto miracoli, ma non avete osservato i miei comandamenti?…
Andate via, miserabili! nel fuoco eterno; voi avete fatto grandi cose, ma non avete fatto nulla per salvarvi e per meritare il mio amore» (cfr. Matteo 7,21-23).

Vedete dunque, fratelli miei, che la santità non consiste affatto nel fare grandi cose, ma nell’osservare fedelmente i comandamenti di Dio, e nell’adempiere i vostri doveri, nello stato in cui il buon Dio vi ha piazzati.

Vediamo spesso che una persona del mondo, che adempie fedelmente i piccoli doveri del proprio stato, è più gradita a Dio dei solitari nei loro deserti.
Eccovi un esempio che vi convincerà: C’erano nel deserto due solitari…(qui il santo interrompe il raccconto già esposto interamente nell’omelia della XVII domenica dopo Pentecoste; n.d.a.).

Ecco, fratelli miei, che cos’è la santità, e che cos’è un santo, agli occhi della nostra religione.
Ditemi, è poi tanto difficile santificarsi nello stato in cui il buon Dio vi ha posti?
Padri e madri, imitate questi due santi; ecco i vostri modelli: seguiteli e diventerete santi come loro.
Fate come hanno fatto loro; in ogni cosa, sforzatevi di piacere a Dio, di fare tutto per amor suo, e sarete dei predestinati (un modo semplice e geniale per risolvere l’annoso problema delle predestinazione che divideva cattolici e protestanti: predestinati non si nasce ma si diventa; n.d.a.).

Volete sapere ancora che cos’è un santo agli occhi della nostra religione?
E’ un uomo che teme Dio, che lo ama sinceramente e che lo serve con fedeltà; è un uomo che non si lascia gonfiare dall’orgoglio, nè dominare dall’amor proprio, che è veramente umile e piccolo ai propri occhi; che essendo sprovvisto di beni di questo mondo, non li desidera affatto, o che, pur possedendoli, non vi attacca il cuore; è un uomo che è nemico di ogni ingiusta acquisizione; è un uomo che essendo padrone della sua anima per mezzo della pazienza e della giustizia, non si offende per un’ingiuria che gli venga fatta.
Egli ama il suo nemico, non cerca di vendicarsi. Rende al suo prossimo tutti i servizi che può, e condivide volentieri i suoi beni con i poveri; egli non cerca che Dio solo, disprezza i beni e gli onori di questo mondo.
Poichè non aspira che ai beni del cielo, egli si disgusta dei piaceri della vita e non trova la sua felicità che nel servizio di Dio.
E’ un uomo che è assiduo agli uffici divini, che frequenta i sacramenti, e che si occupa seriamente della sua salvezza; è un uomo che, avendo orrore di ogni genere di impurità, fugge le cattive compagnie quanto più può, per conservare puro il suo corpo e la sua anima.
E’ un uomo che si sottomette in tutto alla Volontà di Dio, in tutte le croci e le traversie che gli accadono; che non accusa nè l’uno nè l’altro, ma che riconosce che la Giustizia divina grava su di lui a causa dei propri peccati.
E’ un buon padre che non cerca che la salvezza dei suoi figli, dando loro l’esempio egli stesso, e non facendo mai nulla che possa scandalizzarli.
E’ un padrone caritatevole, che ama i suoi domnestici come fratelli e sorelle.
E’ un figlio che rispetta suo padre e sua madre, e che li considera come luogotenenti di Dio stesso.
E’ un domestico che vede nella persona dei suoi padroni Gesù Cristo stesso che lo comanda per bocca loro.

Ecco, fratelli miei, quello che voi chiamate semplicemente un uomo onesto, ma ecco quello che Dio chiama “uomo dei miracoli”, il santo, il grande santo!
«Chi è costui, ci dice il saggio, e lo ricolmeremo di lodi, non perchè abbia fatto cose meravigliose nella sua vita, ma perchè è stato provato con le tribolazioni, ed è stato trovato perfetto; la sua gloria sarà eterna» (cfr. Siracide 31, 9-10).

Che cosa si deve intendere per una santa giovane?
Una santa giovane, è quella che fugge i piaceri e le vanità; che fa consistere la sua felicità nel piacere a Dio e ai suoi genitori; che ama frequentare gli uffici sacri e i sacramenti; una ragazza che ama la preghiera; è, in una parola, una che preferisce Dio a tutto il resto.

Oserei citare un esempio sorprendente ma vero, preso dalla storia ecclesiastica, e che tutti potranno prendere come modello.
Al tempo della persecuzione che infierì sulla città di Tolemaide, le giovani cristiane brillarono per le loro virtù.
Ve ne era un gran numero di nobile nascita; esse erano così pure che preferivano piuttosto subire la morte che perdere la loro castità; esse si tagliarono da sole le labbra e una parte del viso, per sembrare più orrende a coloro che si avvicinavano a loro.
Furono straziate con delle unghie di ferro e con i denti dei leoni. Queste giovani preferirono sopportare tutti questi tormenti, piuttosto che esporre i loro corpi alla passione dei libertini.
Oh! come quest’esempio condannerà un giorno queste ragazze volubili, che non pensano che ad apparire, ad attirarsi gli sguardi del mondo, al punto da diventare spregevoli!…

Vorrei citare ancora l’esempio di santa Coletta, questa vergine così pura e così riservata, che temeva di apparire, tanto quanto le ragazze di questo secolo hanno voglia di mostrarsi.
Ella udì un giorno, in una compagnia, le lodi che si rivolgevano alla sua bellezza; ne arrossì, e andò subito a prostrarsi davanti al suo crocifisso.
«Ah! mio Dio, gridò piangendo, questa bellezza che tu mi hai dato, sarà forse causa della perdita della mia anima e di quella di altre persone?».
Da quel momento, ella lasciò il mondo e andò a rinchiudersi in un monastero, dove consegnò il suo corpo a ogni sorta di macerazioni.
Morendo, diede segni visibili di aver conservato pura la sua anima, non solo agli occhi del mondo, ma anche agli occhi di Dio.

Riconosco che questi due esempi sono un po’ straordinari, e che ci sono pochi che potrebbero imitarli.
Ma ecco che cosa vi conviene perfettamente; ascoltate bene, giovani, e vedrete che se vorrete seguire l’attrazione della grazia, sarete ben presto disilluse dei piaceri e delle vanità di questo mondo, che vi allontanano da Dio.

Si racconta che una giovane damigella di France-Comtè, di nome Angelica, aveva molto spirito, ma era molto mondana.
Avendo ascoltato un predicatore predicare contro il lusso e la vanità degli abiti, andò a confessarsi da quel predicatore.
Costui le fece capire così bene come ella fosse colpevole e potesse far perdere le anime, che l’indomani ella lasciò tutte le sue vanità e si vestì in una maniera molto semplice e cristiana.
Sua madre, che era come la maggior parte di queste povere cieche, che sembrano non aver avuto dei figli se non per gettarli all’inferno, riempiendoli di vanità, la rimproverò per il fatto che non si abbigliasse più come una volta.
«Madre mia, le rispose, il predicatore dal quale sono andata a confessarmi, me lo ha proibito».
La sua povera madre, accecata dalla collera, va a trovare il confessore e gli chiede se fosse vero che aveva proibito a sua figlia di abbigliarsi secondo la moda.
«Io non so, rispose il confessore, ciò che ho detto a tua figlia, ma ti sia sufficiente sapere che Dio proibisce di vestirsi secondo la moda, allorchè tale moda non sia secondo Dio, allorchè è una moda criminale e pericolosa per le anime».
«Padre mio, che cosa definisci dunque moda criminale e pericolosa?»
«E’, per esempio, portare abiti troppo scollati, o che facciano troppo intravedere le forme del corpo; portare vestiti troppo ricchi e più costosi di quanto i nostri mezzi lo consentano».
In seguito le mostrò tutti i pericoli di queste mode, e tutti i cattivi esempi che offrono.
«Padre mio, gli dice la donna, se il mio confessore mi avesse parlato come te, non avrei dato a mia figlia il permesso di portare tutte queste vanità, e io stessa sarei stata più accorta; eppure il mio confessore è un uomo molto colto; ma che m’importa che sia colto, se poi mi lascia vivere secondo il mio criterio, col rischio di perdermi per l’eternità?».
Allorchè fu di ritorno, disse a sua figlia: «Benedici Dio per aver trovato un tale confessore, e segui i suoi consigli».
Questa giovane ragazza ebbe a sostenere in seguito dei terribili combattimenti da parte delle altre sue compagne, che la derridevano e la mettevano in ridicolo.
Ma l’assalto più rude che ebbe a sostenere, le venne da parte di certe persone che tentarono di farle cambiare parere.
«Perchè, le dissero, non ti vesti più come le altre?».
«Non sono obbligata a fare come le altre, rispose Angelica, ma mi vesto come quelle che fanno bene, e non come quelle che fanno male».
«E che? facciamo forse male a vestirci come ci vedi?».
«Sì, senza dubbio, fate male, perchè scandalizzate quelli che vi guardano».
«Per me, disse una di loro, io non ho cattive intenzioni; mi vesto a modo mio, e tanto peggio per quelli che se ne scandalizzano».
«Tanto peggio anche per te, rispose Angelica, perchè tu ne sei l’occasione; se dobbiamo temere di peccare noi stesse, dobbiamo temere anche di far peccare gli altri».
«Checchè ne sia delle tue buone ragioni, rispose l’altra, se non ti vesti come noi, le tue amiche ti abbandoneranno, e tu non oserai più comparire nelle belle compagnie e nei balli».
«Preferisco meglio, rispose Angelica, la compagnia della mia cara madre, delle mie sorelle e di qualche ragazza saggia, piuttosto che tutte queste compagnie e questi balli. Io non mi vesto per sembrare gradevole, ma mi vesto per coprirmi; la vera gradevolezza di una ragazza non deve consistere negli abiti, ma nella virtù.
D’altronde, signorine, se la pensate così, voi non la pensate da cristiane, ed è vergognoso che, in una religione così santa come la nostra, ci si permetta tali abusi contro la modestia».
Dopo tutti questi discorsi, una persona della compagnia disse: «Per la verità è vergognoso che sia una ragazza di diciotto anni a darci una lezione: il suo esempio sarà un giorno la nostra condanna.
Come siamo cieche a fare tante cose per piacere al mondo, che, poi, si prende gioco di noi!».
Angelica perseverò sempre nei suoi buoni sentimenti, malgrado tutto quello che le si potesse dire.

Ebbene! fratelli miei, chi vi impedirebbe di fare ciò che fece questa giovane contessa?
Ella si è santificata vivendo nel mondo, ma non vivendo per il mondo.
Oh! come quest’esempio sarà un giorno motivo di condanna per un gran numero di cristiani, nel giorno del Giudizio!

Si può diventare santi anche nello stato del matrimonio. Lo Spirito Santo, nella Scrittura, si compiace di fare il ritratto della moglie santa, e, in conformità con la descrizione che ce ne offre (cfr. 1Timoteo 5;Efesini 5,22,33; Proverbi 31), io vi dirò che una moglie santa, è colei che ama e rispetta suo marito, che veglia con cura sui suoi figli e sui suoi domestici, che è attenta a farli istruire e a farli accostare ai sacramenti, che si occupa della sua famiglia e non della condotta dei vicini; è riservata nei suoi discorsi, caritatevole nelle sue opere, nemica dei piaceri del mondo; una moglie di tal genere, dico, è un’anima giusta, il Signore la loda, la canonizza; in una parola, è una santa.

Vedete quindi, fratelli miei, che per essere santi, non è necessario lasciare tutto, ma basta adempiere i doveri dello stato in cui Dio ci ha posti, e fare tutto ciò che facciamo, con l’intenzione di piacergli.
Lo Spirito Santo ci dice che per essere santi, non dobbiamo fare altro che allontanarci dal male e compiere il bene.
Ecco, fratelli miei, la santità che hanno avuto tutti i santi e che noi dobbiamo avere.
Quello che hanno fatto loro, lo possiamo fare anche noi, con la grazia di Dio, poichè abbiamo, come loro, gli stessi ostacoli per la nostra salvezza, e gli stessi aiuti per superarli.

Affermo, anzitutto, che i santi hanno avuto gli stessi nostri ostacoli, per giungere alla santità: ostacoli al di fuori e ostacoli al di dentro.
Ostacoli da parte del mondo: il mondo era ai loro tempi quello che è oggi, ugualmente pericoloso per i suoi esempi, altrettanto corrotto per le sue massime, altrettanto seducente nei suoi piaceri, sempre nemico della pietà e sempre pronto a metterla in ridicolo.
Prova ne è che la maggior parte dei santi hanno disprezzato e fuggito il mondo con la massima cura; hanno preferito il ritiro alle assemblee mondane, e molti, perfino, temendo di perdersi in esso. lo hanno abbandonato completamente, gli uni, per andare a trascorrere il resto dei loro giorni nei monasteri, e gli altri, nel profondo deserto, come un san Paolo eremita, un sant’Antonio, una santa Maria Egiziaca e tanti altri.

Hanno dovuto affrontare ostacoli da parte del loro stesso stato: molti erano, come voi, impegnati negli affari secolari, sommersi dai problemi familiari, dalla preoccupazione per i figli, obbligati, per la maggior parte, a guadagnarsi da vivere col sudore della fronte.
M a essi, ben lungi dal pensare, come noi, che si sarebbero salvati più facilmente in un altro stato, erano persuasi che avrebbero avuto maggiori grazie in quello in cui la Provvidenza li aveva posti.
Non vediamo forse come nel tumulto del mondo e in mezzo ai problemi di una famiglia e di una casa, si siano salvati un gran numero di santi, come Abramo, Isacco, Giacobbe, Tobia, Zaccaria, la casta Susanna, il sant’uomo Giobbe, santa Elisabetta?
Tutti questi grandi santi dell’Antico Testamento, non erano forse impegnati nel mondo?
E nella nuova Legge, potete contare il numero di coloro che si sono santificati nella vita ordinaria?
E così san Paolo ci dice che i santi giudicheranno le nazioni.
Non equivale a dire che non ci sarà un solo uomo sulla terra, che non trovi, nell’altra vita, un qualche santo del suo stesso stato, che condannerà la sua fiacchezza, mostrandogli che avrebbe potuto, come aveva fatto lui, fare ciò che gli ha fatto meritare il cielo?

Se ora, dagli ostacoli esteriori, passiamo a quelli interni, vedremo che i santi hanno avute tutte le tentazioni e i combattimenti che possiamo avere noi, e forse anche di più.
Anzitutto riguardo alle abitudini: non pensate che i santi siano stati sempre santi.
Quanti ce n’è che hanno cominciato male, e che sono rimasti a lungo nel peccato!
Guardate il santo re Davide, guardate sant’Agostino, santa Maddalena.
Facciamoci dunque coraggio, fratelli miei, perchè sebbene peccatori, possiamo comunque diventare santi, se non per innocenza, almeno per penitenza, poichè il maggior numero di santi si è santificato in questa maniera.

«Ma, mi direte voi, costa troppo!».
Costa troppo, fratelli miei? Credete che non sia costato nulla ai santi?
Guardate Davide che inzuppa il suo pane nelle lacrime, che bagna il suo letto col pianto.
Credete forse che gli sia stato indifferente offrirsi come spettacolo a tutto il suo regno, e servire a tutti di scherno?
Guardate santa Maddalena: in mezzo a una numerosa assemblea, ella si getta ai piedi del Salvatore, accusa pubblicamente i suoi crimini con abbondanza di lacrime (Luca 7,36-50); ella segue Gesù Cristo fino ai piedi della croce, e ripara con lunghi anni di penitenza, qualche anno di debolezza; pensate forse, fratelli miei, che simili sacrifici non le siano costati nessuno sforzo?
Non dubito affatto che voi non riteniate felici i santi che hanno fatto simili penitenze, e versato tante lacrime.
Ahimè! se come questi santi, potessimo anche noi comprendere la gravità dei nostri peccati, e la bontà di Dio che abbiamo oltraggiato, se come loro, pensassimo all’inferno che ci siamo meritato, alla nostra anima che abbiamo perduto, al Sangue di Gesù Cristo che abbiamo profanato!
Ah! se avessimo tutti questi pensieri nel nostro cuore, quante lacrime verseremmo, quante penitenze faremmo, per cercare di placare la Giustizia di Dio, che abbiamo irritato!

Credete forse che i santi siano pervenuti senza fatica a quella semplicità, a quella dolcezza, che li portava a rinunciare alla propria volontà, tutte le volte che se ne presentasse l’occasione?
Oh! no, fratelli miei!
Ascoltate san Paolo: «Ahimè! io faccio il male che non vorrei fare, e non faccio il bene che vorrei; sento nelle mie membra una legge che si rivolta contro la Legge del mio Dio.
Ah! come sono disgraziato! chi mi libererà da questo corpo di peccato?» (Romani 7,15-24).

Quali combattimenti non ebbero a soffrire i primi cristiani, abbandonando una religione che tendeva a fomentare le loro passioni, per abbracciarne una che non tendeva che a crocifiggere la loro carne?

Credete forse che un san Francesco di Sales non abbia dovuto farsi violenza, per diventare così dolce, come è stato?
Quanti sacrifici ha dovuto fare!…
I santi non sono diventati santi se non dopo molti sacrifici e molte violenze.

Il secondo luogo, affermo che noi abbiamo le stesse grazie che hanno avuto loro.
Iniziando dal Battesimo, forse che non ha la stessa capacità di purificarci?
E la Confermazione di fortificarci, la Penitenza di rimettere i nostri peccati, l’Eucaristia di smorzare in noi la concupiscenza e aumentare la grazia nelle nostre anime?

Quanto poi alla Parola di Gesù Cristo, non è forse sempre la stessa?
Non ascoltiamo forse, ad ogni istante, quel consiglio: «Lasciate tutto e seguitemi».
E’ questo che convertì sant’Antonio, sant’Arsenio, san Francesco d’Assisi.
Non leggiamo forse nel Vangelo questo oracolo: «A che serve all’uomo guadagnare l’universo, se viene a perdere la sua anima?» (Matteo 16,26).
Non furono queste parole che convertirono san Francesco Saverio, e che, da un ambizioso, ne fecero un apostolo?
Non sentiamo forse tutti i giorni: «Vegliate e pregate senza sosta». «Amate il vostro prossimo come voi stessi».
Non è stata questa dottrina che ha formato tutti i santi?
Infine, fratelli miei, riguardo ai buoni esempi, per quanto il mondo sia sregolato, non ne abbiamo ancora qualcuno davanti agli occhi, e molti più di quelli che potremmo seguire?
Forse che ci manca la grazia che hanno avuto i santi?
Consideriamo un nulla dunque quei buoni pensieri, quelle salutari ispirazioni di rinunciare a un certo peccato, di abbandonare quella cattiva abitudine, di praticare quella determinata virtù, di compiere quella buona opera?

Non sono forse una grazia quei rimorsi di coscienza, quei turbamenti, quelle inquietudini che proviamo dopo aver peccato?
Ahimè! fratelli miei, quanti santi, che oggi sono in cielo, hanno ricevuto meno grazie di noi!
Quanti pagani, e quanti cristiani ci sono all’inferno, che se avessero ricevute tante grazie come noi, sarebbero diventati dei grandi santi!…

Sì, fratelli miei, possiamo essere santi, e dobbiamo lavorare per diventarlo.
I santi sono stati mortali come noi, deboli e soggetti alle passioni, come noi; noi abbiamo gli stessi aiuti, le stesse grazie, gli stessi sacramenti; ma bisogna fare come loro, rinunciare ai piaceri del mondo, fuggire il mondo quanto più possibile, essere fedeli alla grazia.
Dobbiamo prenderli come modelli, perchè non dobbiamo mai perdere di vista che bisogna essere o santi o dannati, o vivere per il cielo o per l’inferno: non c’è via di mezzo.

Concludiamo, fratelli miei, dicendo che se lo vogliamo, possiamo essere santi, poichè mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia, per aiutarci a diventarlo.
Egli è nostro Padre, il nostro Salvatore e il nostro amico.
Egli sospira con ardore di vederci liberati dai mali della vita.
Egli ci vuole colmare di ogni sorta di beni, dopo averci donato, già in questo mondo, immense consolazioni, come pregustazioni di quelle del cielo, che io vi auguro.

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