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Il lavoro dell' uomo e' la cristianizzazione della societa'

Lavorare bene, lavorare per amore - XII

Autore: Javier López Díaz

Le luci e le ombre del nostro tempo sono sotto gli occhi di tutti. Lo sviluppo umano e le piaghe che lo infettano, il progresso civile in molti aspetti e la barbarie in altri…: sono aspetti contrastanti di cui san Giovanni Paolo II e i suoi successori hanno parlato ripetutamente, invitando
i cristiani a illuminare la società con la luce del Vangelo.
Tutti siamo chiamati a trasformare la società secondo il volere di Dio, molti, però, non sanno come farlo. Pensano che questo compito spetti quasi esclusivamente ai governanti o a chi ha la capacità di influire per la sua posizione sociale o economica, e che gli altri possono fare soltanto da spettatori: applaudire o fischiare, ma senza entrare nel terreno di gioco, senza intervenire direttamente.
Non dev’essere questo l’atteggiamento del cristiano, perché non risponde alla realtà della sua vocazione. «Il Signore vuole che noi cristiani […] ci adoperiamo a ristabilire l’ordine infranto e a restituire alle strutture temporali, in tutte le nazioni, la loro funzione naturale di strumento per il progresso dell’umanità e la loro funzione soprannaturale di mezzo per arrivare a Dio».
Non siamo spettatori. Al contrario, è missione specifica dei laici santificare il mondo «dall’interno»: «orientare con senso cristiano le professioni, le istituzioni e le strutture umane».
Come insegna il Concilio Vaticano II, i laici debbono «illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore». In altre parole, debbono «cristianizzare dal di dentro il mondo intero, dimostrando che Gesù ha redento tutta l’umanità: ecco la missione del cristiano».
Per far questo abbiamo tutto il potere necessario, pur non avendo alcun potere umano. La nostra forza è l’orazione e le opere trasformate in orazione. «L’orazione è l’arma più potente del cristiano. L’orazione ci rende efficaci. L’orazione ci rende felici. L’orazione ci dà la forza necessaria per compiere i comandi di Dio». In pratica, l’arma specifica che possiede la maggioranza dei cristiani per migliorare la società è il lavoro trasformato in orazione. Non semplicemente il lavoro, ma il lavoro santificato.
Dio lo ha fatto comprendere a san Josemaría in un momento preciso, il 7 agosto 1931, durante la Santa Messa. Arrivato all’elevazione, fece risuonare nella sua anima con una forza straordinaria le parole di Gesù: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». «L’ho compreso perfettamente. Il Signore ci diceva: se voi mi mettete in tutte le attività della terra, adempiendo il dovere di ogni momento, essendo miei testimoni in quello che sembra grande e in quello che sembra piccolo…, allora io attirerò a me ogni cosa! Il mio regno in mezzo a voi sarà
una realtà!».
Dio ha affidato all’uomo il compito di edificare la società al servizio del suo bene temporale ed eterno, in armonia con la sua dignità: una società nella quale le leggi, i costumi e le istituzioni che la configurano e la strutturano, favoriscano il bene integrale delle persone con tutte le sue esigenze; una società nella quale ognuno si perfezioni cercando il bene degli altri, in quanto l’uomo «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé».
Invece, tutto è stato sconvolto a causa del peccato del primo uomo e della successiva proliferazione dei peccati che, come insegna il Catechismo della Chiesa, fanno «regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l’ingiustizia. I peccati sono all’origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla Bontà divina. Le “strutture di peccato” sono l’espressione e l’effetto dei peccati personali».
Il Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo nostro Signore, è venuto al mondo per redimerci dal peccato e dalle sue conseguenze. Cristianizzare la società non è altro che liberarla dalle sequele che il Catechismo riassume con le parole appena lette. Consiste, da una parte, nel liberarla dalle strutture di peccato – per esempio, dalle leggi ingiuste e dai costumi contrari alla legge morale –, e dall’altra, più in profondità, nel fare in modo che le relazioni umane siano presiedute dall’amore di Cristo e non viziate dall’egoismo della concupiscenza, della violenza e della ingiustizia.
«Questo è il tuo compito di cittadino cristiano: contribuire a far sì che l’amore e la libertà di Cristo presiedano tutte le manifestazioni della vita moderna: la cultura e l’economia, il lavoro e il riposo, la vita di famiglia e la convivenza sociale».
Cristianizzare la società non significa imporre a forza la fede autentica. Proprio lo spirito cristiano richiede il rispetto del diritto alla libertà sociale e civile in materia religiosa, sicché non si deve impedire a nessuno di praticare la propria religione, secondo coscienza, anche quando fosse in errore, purché rispetti le esigenze dell’ordine pubblico, della pace e della pubblica moralità, che lo Stato ha l’obbligo di tutelare. Dobbiamo aiutare coloro che sono nell’errore a conoscere
la verità, che si trova pienamente solo nella fede cattolica, insegnando loro con l’esempio e con la parola, mai con la coercizione. L’atto di fede può essere autentico solo se è libero.
Però, quando un cristiano s’impegna a far sì che la legge civile salvaguardi il rispetto della vita umana fin dal momento del concepimento, la stabilità della famiglia attraverso il riconoscimento dell’indissolubilità del matrimonio, il diritto dei genitori a educare i figli sia nelle scuole pubbliche che in quelle private, la veridicità dell’informazione, la moralità pubblica, la giustizia nei rapporti di lavoro, ecc., non pretende di imporre la sua fede agli altri, ma sta compiendo il proprio dovere di cittadino e sta contribuendo a edificare, per ciò che gli compete, una società conforme alla dignità della persona umana. Non c’è dubbio che ogni cristiano, grazie alla Rivelazione divina, ha una speciale certezza circa l’importanza che questi principi hanno nell’edificare una società più giusta; però la conoscenza di queste verità è anche alla portata della ragione umana e qualunque persona, indipendentemente dalle sue disposizioni religiose, può scoprirla e condividerla.
«Impégnati affinché le istituzioni e le strutture umane, in cui lavori e ti muovi con pieno diritto di cittadinanza, si adeguino ai princìpi che reggono una concezione cristiana della vita.
Così, non dubitarne, assicuri agli uomini i mezzi per vivere in modo adeguato alla loro dignità, e renderai possibile a molte anime di rispondere personalmente, con la grazia di Dio, alla vocazione cristiana» . Si tratta di risanare «le istituzioni e le condizioni di vita del mondo […], così che, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù». La fede cristiana fa sentire la profonda aspirazione, propria di ogni cittadino, di cercare il bene comune della società. Un bene comune che non si riduce allo sviluppo economico, anche se lo include sicuramente. Include anche, e ancor prima – in senso qualitativo, non sempre in quello dell’urgenza temporale –, le migliori condizioni possibili di libertà, di giustizia, di vita morale in tutti i suoi aspetti, e di pace, che rispondono alla dignità della persona umana.
Quando un cristiano fa il possibile per delineare in tal modo la società, lo fa grazie alla sua fede, non in nome di una ideologia opinabile da partito politico. Si comporta come «si comportarono i primi cristiani. Non avevano, a motivo della loro vocazione soprannaturale, programmi sociali né umani da adempire; però erano permeati da uno spirito, da una concezione della vita e del mondo, che non poteva non avere conseguenze nella società in cui si muovevano». «Il compito apostolico che Cristo ha affidato a tutti i suoi discepoli ha dunque un riflesso concreto nell’ambito sociale. È inammissibile pensare che per poter essere cristiani sia necessario voltare
le spalle al mondo, guardare con pessimismo la natura umana».
È necessario cercare di risanare le strutture della società per infondere in esse spirito cristiano, ma non è sufficiente. Per quanto possa sembrare un obiettivo troppo elevato, in realtà si tratta di una esigenza fondamentale. Occorre molto di più: occorre fare in modo soprattutto che le persone siano cristiane, che ognuno irradi attorno a sé, con il suo comportamento quotidiano, la luce e l’amore di Cristo, il profumo di Gesù Cristo. L’obiettivo non è solo che le strutture siano sane, ma che le persone siano sante. Non preoccuparsi che le leggi e i costumi della società siano conformi allo spirito cristiano sarebbe altrettanto sbagliato che accontentarsi solo di questo;
in quello stesso momento, infatti, sarebbero in pericolo le stesse strutture sane. Bisogna ricominciare sempre. «Non c’è nuova umanità, se prima non ci sono uomini nuovi, della novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo».
«Dal fatto che tu e io ci comportiamo come Dio vuole – non dimenticarlo – dipendono molte cose grandi» . Se vogliamo cristianizzare la società, la prima cosa è la santità personale, la nostra unione con Dio. «Ognuno di noi dev’essere alter Christus, ipse Christus, un altro Cristo, lo stesso Cristo. Allora potremo intraprendere l’impresa grande, immensa, illimitata, di santificare dal di dentro tutte le strutture temporali portando in esse il fermento della Redenzione».
È necessario che non perdiamo il sale, la luce e il fuoco che Dio ha messo dentro di noi per trasformare l’ambiente che ci circonda. Il Papa san Giovanni Paolo II ha sottolineato che «è un compito che esige coraggio e pazienza»: coraggio, perché non bisogna aver paura di scontrarsi con l’ambiente quando è indispensabile; pazienza, perché cambiare la società dal di dentro richiede tempo, e frattanto non ci si deve abituare alla presenza del male cristallizzato nella società, perché abituarsi a una malattia mortale equivale a soccombere ad essa. «Il cristiano deve essere sempre pronto a santificare la società “dal di dentro”, collocandosi pienamente nel mondo, ma senza essere del mondo in tutto quello che esso contiene – non per sua intrinseca proprietà, ma per difetto volontario, per il peccato – di negazione di Dio, di opposizione alla sua amabile volontà salvifica».
Dio vuole che infondiamo nella società lo spirito cristiano attraverso la santificazione del lavoro professionale, perché «il cristiano, mediante il lavoro, soggioga la creazione (cfr. Gn 1,28) e la ordina a Cristo Gesù, centro nel quale sono destinate a ricapitolarsi tutte le cose». In buona sostanza, il lavoro professionale è «lo strumento indispensabile per il progresso della società e il più equo assetto dei rapporti fra gli uomini».
Ognuno si deve proporre l’obiettivo di cristianizzare la società attraverso il proprio lavoro: prima di ogni altra cosa mediante l’ardente desiderio di avvicinare a Dio i colleghi e le persone con le quali instaura un rapporto professionale, in modo tale che anche loro riescano a santificare il loro lavoro e a dare il tono cristiano alla società; poi, e inseparabilmente, mediante l’impegno nel cristianizzare le strutture del proprio ambiente professionale, facendo in modo che siano conformi
alla legge morale. Chi si dedica all’imprenditoria, alla professione farmaceutica, all’avvocatura, all’informazione o alla pubblicità…, può esercitare un’influenza cristiana nel proprio ambiente: nelle relazioni e nelle istituzioni professionali e lavorative. Non è sufficiente non macchiarsi con pratiche immorali; bisogna proporsi di ripulire il proprio ambito professionale, di renderlo conforme alla dignità umana e cristiana.
Per tutto ciò, «dobbiamo ricevere una formazione tale da suscitare nella nostra anima, al momento di intraprendere il lavoro professionale, l’istinto e la sana preoccupazione di uniformare questa attività alle esigenze della coscienza cristiana, agli imperativi divini che debbono guidare la società e le attività degli uomini».
Le possibilità di contribuire alla cristianizzazione della società grazie al lavoro professionale vanno oltre ciò che si può realizzare nello stesso ambiente di lavoro. La condizione di cittadino che esercita una professione nella società è un titolo per avviare o collaborare in iniziative di genere diverso, insieme con altri cittadini che condividono i medesimi ideali: iniziative educative della gioventù – scuole in cui viene impartita una formazione umana e cristiana, oggi così necessaria e urgente –, iniziative assistenziali, associazioni per promuovere il rispetto alla vita, la veridicità dell’informazione, il diritto a un ambiente morale sano… Il tutto realizzato con la mentalità professionale dei figli di Dio chiamati a santificarsi in mezzo al mondo.
«Doniamo pienamente la nostra vita al Signore Dio nostro, lavorando con perfezione, ognuno nella propria attività professionale e nello stato in cui si trova, senza dimenticare che, in tutte le nostre opere, dobbiamo avere una sola aspirazione: mettere Cristo in cima a tutte le attività degli uomini».

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