Sacerdote per l'eternità
Tratto da "La Chiesa nostra Madre" XXVII
Autore: San Josemaría Escrivá
[Omelia pronunciata il 13 aprile 1973, venerdì di Passione e commemorazione, un tempo, dei sette dolori della Beata Vergine Maria].
34. Qualche giorno fa, durante la celebrazione della santa Messa, mi sono soffermato un istante sulle parole del salmo che la liturgia proponeva come antifona di Comunione: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla» [Sal 22, 1. Antifona alla Comunione del sabato della IV settimana di Quaresima]. Questa invocazione mi aveva riportato alla memoria il versetto di un altro salmo che si recitava un tempo nella cerimonia della prima tonsura: «Il Signore è la parte della mia eredità» [Sal 15, 5]. Cristo stesso si mette infatti nelle mani dei sacerdoti, che diventano così «dispensatori dei misteri» — dei portenti — «del Signore» [1 Cor 4, 1].
La prossima estate riceveranno gli Ordini Sacri una cinquantina di membri dell’Opus Dei. È già dal 1944 che — come evento di grazia e di servizio alla Chiesa — si avvicendano queste leve sacerdotali che riguardano ogni anno un piccolo gruppo di membri dell’Opera. E tuttavia, ogni anno, ci sono persone che se ne stupiscono. Com’è possibile — si domandano — che trenta, quaranta, cinquanta uomini la cui vita è piena di successo e di promesse siano disposti a divenire sacerdoti? Vorrei fare, al riguardo, alcune considerazioni, con il rischio, magari, di accrescere le perplessità di tali persone.