5 minuti

“Tutti ti cercano” (Mc 1,37)

Meditazione Di S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca Di Gerusalemme Dei Latini: IV Domenica Del Tempo Ordinario B

Autore: Card. Pierbattista Pizzaballa

“Tutti ti cercano” (Mc 1,37). Sono le parole che i primi discepoli dicono a Gesù quando lo trovano, dopo essersi messi sulle sue tracce (Mc 1,36); si erano accorti che Gesù, di mattino presto, aveva lasciato Cafarnao e si era ritirato in un luogo deserto a pregare (Mc 1,35), ed erano andati a cercarlo perché non venissero disattese le aspettative di molti.

Cercarlo, mettersi sulle sue tracce, è l’opera dell’uomo.

Ma il Vangelo di oggi (Mc 1,29-39) ci parla di un’altra ricerca, che è quella stessa di Gesù, che sembra mettersi sulle tracce e andare in cerca di tutti coloro che hanno bisogno di Lui.

L’abbiamo già visto, domenica scorsa, nella sinagoga di Cafarnao(Mc 1,21-28): Gesù vi entra e subito incontra un uomo che ha bisogno di essere liberato. Nessun altro avrebbe potuto farlo, se non Gesù, perché lo spirito impuro possedeva quell’uomo e nessuna parola era così autorevole da prendere il suo posto. Nessun altro, se non Gesù, poteva rivendicare una relazione esclusiva con l’uomo posseduto dallo spirito impuro al punto da poter scacciare chi lo abitava in maniera abusiva.

Oggi Gesù entra in una casa, quella di Simone (Mc 1,29), e vi trova la suocera bloccata a letto dalla febbre.

Non più un’alienazione profonda, come quella vista nella sinagoga, ma una semplice malattia: per dire che basta poco all’uomo per essere impedito nel suo desiderio di vita, per dire quanto è fragile la natura umana.

Dopo aver guarito la donna, è tutta la città a portare a Gesù ogni malattia e debolezza. E Gesù si prende cura di tutti (Mc 1,32-34).

Gesù, quindi, entra in una sinagoga, in una casa, in una città, e va alla ricerca di tutti i fragili, gli esclusi, i poveri: li attira a sé, è Lui che va a cercarli. E quando li ha trovati, non può se non andare altrove (Mc 1,38) per cercarne altri, perché sa quanta fragilità e quanto male abita le case e le città degli uomini.

Se vogliamo trovare Dio, allora, dobbiamo imparare a cercarlo in quell’“altrove” che è la nostra fragilità, perché è lì che Lui viene a cercarci.

Non nelle nostre grandi professioni di fede, non nelle nostre presunte coerenze, ma nel nella realtà povera della nostra vita.

Ma c’è un secondo luogo dove risulta chiaro che Gesù si fa presente, dove quindi lo possiamo cercare, ovvero nella solidarietà che nasce tra le persone quando tutte prendono contatto con la povertà che le abita.

Nel Vangelo di oggi troviamo ben due momenti in cui c’è qualcuno che si prende a cuore il dolore degli altri: Gesù entra nella casa di Simone, e subito gli parlano della suocera a letto con la febbre (Mc 1,30). E, alla sera c’è qualcuno che gli porta tutti i malati e gli indemoniati (Mc 1,32).

La nostra relazione con Dio ha questa enorme possibilità, quella di essere una relazione familiare, in cui possiamo parlargli e possiamo portargli tutto ciò che abbiamo a cuore. E se è vero che Lui sempre ascolta, tanto più ascolta quando non gli portiamo solo il nostro dolore, ma anche quello di chi abbiamo a cuore. Lì il Signore certo si fa presente, lì lo possiamo cercare senza timore che Lui sia altrove.

Ogni altra attesa, ogni nostro cercare il Signore in luoghi che non sono quelli della nostra fragilità e della nostra solidarietà, rischiano invece di non portarci al Signore, proprio come vediamoalla fine del Vangelo di oggi (Mc 1, 36-37): nel Vangelo di Marco, questa ricerca di Gesù è frequentemente associata ad una volontà di fermare Gesù, di possederlo, di tenerlo presso di sé.

Invece Gesù non possiede e non vuole essere posseduto: nessuno può dire di avere l’esclusiva su di Lui.

La ricerca di Lui non ha come fine quello di averlo tutto per sé, ma piuttosto si compie nell’atteggiamento che vediamo nella suocera di Simone, che, guarita dalla sua febbre, si alza e si mette a servire (Mc 1,31).

La guarigione che Gesù opera in noi non è semplicemente quella di chi vuole farci star bene.

La guarigione vera è quella che ci rende simili a Lui, cioè capaci di alzarci e andare altrove, alla ricerca di chiunque abbia bisogno della nostra presenza e del nostro servizio.

Questa è la forma di gratitudine che Gesù ama e che attende da noi.

+Pierbattista

Link alla fonte »